Un certo numero di regole deve essere rispettato nella raccolta per beneficiare del massimo potenziale offerto dalle piante aromatiche.
La raccolta avviene generalmente nel momento in cui la pianta è più ricca di essenza:
- prima della fioritura per quanto concerne la menta, poiché si arricchisce di chetoni tossici nel momento in cui fiorisce.
- nello stesso periodo anche per la santoreggia, il cui tasso di carvacrolo (antiinfettivo ed antisettico) è al massimo;
- nel corso della fioritura per la lavanda.
- per il rosmarino officinale viene scelto lo stesso periodo, ma non esclusivamente.
- per la salvia sclarea e la menta dalle foglie lunghe si predilige il periodo dopo la fioritura.
- la raccolta della lavanda selvatica avviene dopo la rugiada del mattino; viene sempre utilizzato il falcetto. Avviene spesso in territorio difficile, in pendenza e franoso, tra i 1000 e 1600 metri di altitudine. Le lavande coltivate vengono colte con falci meccaniche, più rapide ma pericolose per i piedi.
- per il timo selvatico, la cui raccolta è lunga e faticosa, viene impiegata una piccola falce o il potatoio a forbice; è preferibile svolgere l’azione nel pomeriggio. Lo sradicamento con la zappa o con l’erpice, praticato fin a qualche anno fa in Spagna, costituisce un vero e proprio massacro ecologico.
- le rose vengono raccolte quando sbocciano, dopo la rugiada della mattina, ma prima del gran caldo di mezzogiorno.
Una certificazione rigorosa della specie botanica, della razza chimica, dell’origine vegetale e dello stadio vegetativo è dunque necessaria ed auspicabile.
* Un esempio realmente accaduto può essere una testimonianza in merito: un’azienda fornisce ad un distillatore dei contenitori in alluminio per depositare la produzione di olio essenziale di lavanda. I recipienti vengono erosi nel corso di due anni. Il produttore si lamenta e l’azienda accusa il rifornitore di alluminio, il quale esige l’analisi del prodotto messo nei contenitori.
Purtroppo il controllo effettuato porta a rilevare la presenza di prodotti chimici corrosivi dovuti ai diserbanti usati per la piante. Anche se altri studi non sono stati effettuati ancora oggi, non è necessario essere dei geni per intuire le conseguenze dell’assorbimento di certe sostanze da parte dell’essere umano.
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