martedì 13 giugno 2017

Aromaterapia: Dall’Antichità ai giorni nostri – dall’Oriente all’Occidente.


Roger Jollois
Le piante aromatiche sono state utilizzate da millenni per gli usi più disparati e sono sempre state tenute in alta considerazione dai terapeuti di tutto il mondo.

La storia dell’aromaterapia può essere riassunta in quattro epoche principali.


La prima è quella durante la quale le piante erano utilizzate tali e quali, sotto forma di infusi o decotti.
Durante la seconda fase le piante venivano bruciate o messe in infusione o a macerare in oli vegetali. E’ questa l’epoca in cui sorge la nozione di attività legata alla sostanza odorante. Nel corso della terza epoca si sviluppa la ricerca legata alla estrazione della sostanza odorante. E’ la nascita del concetto di olio essenziale, che ha il suo massimo splendore con la creazione e lo sviluppo della distillazione.
Infine, l’epoca moderna, nella quale si assiste alla nascita dei composti tra oli essenziali e si esplicano le attività fisiche, chimiche, biochimiche, terapeutiche e non ultime elettroniche degli aromi vegetali.
40.000 anni fa gli Aborigeni impiantati in Australia hanno dovuto imparare ad adattarsi a delle condizioni di vita molto dure dovute all’ambiente. Ci sono riusciti in una maniera decisamente ammirevole, sviluppando in particolar modo una eccezionale conoscenza della flora indigena. 
Per esempio, erano soliti utilizzare le foglie della Melaleuca alternifolia, il cui olio essenziale ha una importanza superiore all’impiego che ne viene fatto nell’aromaterapia moderna.
Le tre grandi aree geografiche della civiltà aromatica, l’Indù, la Cina ed il Bacino Mediterraneo, ci hanno tramandato dei procedimenti e delle conoscenze la cui validità è ancora attuale.
Un alambicco in terra cotta scoperto in Pakistan sembra risalire a ben 5000 anni prima della nostra era.
Il continente indiano è una delle terre al mondo più ricche di piante aromatiche; sono state utilizzate sin dall’antichità nel trattamento per i problemi di salute. Ben 7.000 anni fa le acque aromatiche erano ben conosciute ed impiegate. I profumi erano largamente diffusi in medicina ed i Rishi ne raccomadavano l’uso nel corso dei sacrifici religiosi, ma anche per curare il corpo e lo spirito. L’India è il paese d’origine del basilico dove era sacro.
3.000 anni il Rig-Véda ed il Suçrutasamhitâ proposero delle formule di sali da bagno e di massaggi dove si trovava la cannella, la mirra, il cardamomo, il coriandolo, lo zenzero e numerose altre piante aromatiche. Queste ultime erano utilizzate secondo la loro azione fisiologica. Le piante officinali erano usate per la distillazione. La medicina ayurvedica ha codificato l’impiego di numerose piante aromatiche, tra cui il Coriandrum sativum, il Cinnamomum verum, etc.
In Mesopotamia uno scritto risalente a quasi 4.000 fa anni parla di utilizzo di oli nell’ambito di riti religiosi e per sconfiggere le epidemie.

In Babilonia una forma primaria di aromaterapia consisteva nel bruciare del cipresso ed altre piante aromatiche per sconfiggere gli spiriti maligni, considerati portatori di malattie e di epidemie.
Verso il 3.500 prima della nostra era, in Cina, ai bordi del Fiume Giallo, si utilizzavano legni aromatici come incensi. E’ possibile che nella stessa epoca e negli stessi luoghi si sia scoperto anche il procedimento di estrazione di oli essenziali da piante in infusione. Sempre in Cina, circa 4.500 anni fa Shen Nung scrisse il più antico trattato di fitoterapia, nel quale si parla di numerose piante aromatiche. 
Nel corso della stessa epoca Houang-Ti Nei-Jing Su-Wen fece riferimento all’utilizzo di preparazioni oleo-aromatiche per il massaggio.
Nel Bacino del Mediterraneo l’impiego delle piante aromatiche aveva un posto preponderante sia nella vita di tutti i giorni che nei riti religiosi.
Non è sempre facile, in base alle traduzioni che sono giunte fino a noi, fare corrispondere con la massima precisione i nomi citati con le piante botaniche classificate secondo il criterio di oggi.
Fu in Egitto, tra 3.000 e 2.000 anni prima della nostra epoca, durante la quale era utilizzato un metodo assai rudimentale di distillazione, che l’impiego delle piante aromatiche ebbe grande importanza. I medici di quest’epoca le utilizzavano per curare i malati, ma anche per delle pratiche magiche. Le piante ed i loro derivati erano di origine locale, ma potevano venire anche dall’Etiopia o dall’Estremo Oriente.
Alcuni vini aromatici erano impiegati per le loro virtù anestetiche.
Resta comunque grazie all’imbalsamazione, che consiste nell’impregnare completamente i tessuti del defunto con un miscuglio di oli aromatici, in particolar modo olio di cedro e di basilico, che il loro impiego si espanse tra tutti gli strati sociali della civiltà. Infine, le fumigazioni aromatiche erano largamente utilizzate ed erano costituite da un miscuglio di 60 piante; anche il “Kyphi” bruciato era impiegato nelle abitazioni per disinfettare e come medicina. Questo insieme fito-aromatico sarà largamente utilizzato anche in Grecia e a Roma.
Verso il 1.500 a.C. dei trattati attribuiti a Imhotep descrivono delle ricette molto simili a quelle usate in aromaterapia moderna.
All’epoca in Egitto, benché gli oli non venissero particolarmente menzionati, le piante aromatiche erano largamente impiegate. Queste, insieme alle gommo-resine aromatiche, erano trasformate tramite infusioni in oli vegetali, liberando così delle essenze vegetali, e servivano alla preparazione di unguenti aromatici.
Le bacche di Juniperus communis ssp. Communis e le scorze del Cinnamomum verum erano comunemente utilizzate in questo periodo sia macerate in oli, dando così origine ad unguenti o a vini medicinali, che, più probabilmente, sotto forma di oli essenziali.

I Persiani, 1.000 anni prima di noi, sembravano essere gli inventori della cosiddetta distillazione. Secondo quanto riportato da Avicenna, Ibn Sina affinò la tecnica e produsse il primo olio essenziale puro; si trattava di Rosa centifolia. Aveva fatto dunque un largo uso di oli essenziali in terapeutica. Ibn Sina, nominato più tardi il “Principe dei Medici”, scrisse più di cento opere di medicina e nel più famoso, “il canone della medicina” faceva riferimento a numerosi oli essenziali.
Gli Ebrei, da parte loro, impiegavano gli oli essenziali soprattutto nelle funzioni religiose. In merito possiamo leggere il seguente passaggio tratto dalla Bibbia: ¼¼.Elohim disse a Mosè: ”Trova dei profumi nobili, 500 sicli di mirra, 250 di cannella ed altrettanti di calamo, 500 di cassia ed un sestario di olio di oliva; fai di ciò un sacro crisma, un miscuglio odorante come farebbe un creatore di profumi¼”.
Essi ne conoscevano già le virtù medicinali e spesso accadeva loro di ungersi il corpo sia per guarire dalle malattie sia per apportare sollievo alle loro anime.
Un aneddoto significativo riguarda la pianta “sacra” del popolo Ebreo, che sarebbe il nostro Issopo.
E’ solitamente tradotto con il termine “Ezob”. Alcune ricerche istorico-botaniche hanno dimostrato che non è affatto vero. In realtà, l’Hyssopus officinalis ssp. Officinalis contiene soprattutto del pinocanfone che gli conferisce un’azione mucolitica specifica; l’Hyssopus officinalis var. decumbens da parte sua è ricco di linalolossido, espettorante e virolitico. Per quanto utili possano essere state le sue azioni, non è concepibile che abbiano potuto erigere una pianta al livello di “sacra” in un’epoca in cui la lotta alle malattie infettive, specialmente antibatteriche, dipendeva esclusivamente dalla farmacologia vegetale. L’Ezob degli Ebrei, a buona ragione considerata una pianta miracolosa e purificatrice, in grado di debellare le malattie più gravi, è in effetti l’Origanum syriacum carvacroliferum, ciò che i rapporti struttura /attività dell’olio essenziale permettono di confermare oggi.
Per quanto riguarda i Greci, essi facevano largo uso di sostanze odoranti naturali e numerosi libri furono scritti proprio per elogiare le loro proprietà ed indicare le regioni più prolifiche.
Plinio tratta di alberi e vegetali produttori di essenze nel suo Libro XIII di “Storia Naturale”. Ippocrate, il “Padre della Medicina”, indica negli aforismi che gli sono stati attribuiti l’utilità di bagni aromatici in caso di malattie cosiddette femminili. Ad Atene egli lottò contro le epidemie, ed in particolar modo contro la grande peste che devastò la città, facendo bruciare della lavanda, del rosmarino, dell’issopo, della santoreggia e sicuramente molte altre piante aromatiche.
Più tardi in Grecia si sviluppò un utilizzo più sistematico degli aromi, in special modo per quanto riguardava i massaggi.
Teofrasto, autore del “Trattato degli odori”, annota l’interesse terapeutico dei profumi ed osserva i principi fondamentali dell’azione degli oli essenziali sugli organi interni.

Attribuisce addirittura ad ogni parte del corpo femminile un profumo specifico, così da poterne migliorare la bellezza.
Pedanio Dioscoride redige un’opera di fitoterapia contenente enunciate numerose piante aromatiche. Tale libro costituirà un punto di riferimento per tutta la medicina occidentale nel corso di un millennio. Egli conosce il “Kyphi” per le sue proprietà antispasmodiche ed attribuisce numerose virtù al Juniperus phoenica, tra le quali quella di essere un utile spermicida.
L’Origanum majorana, l’Origanum, il Thymus serpyllum e gli altri Timi, la Rosa damascena, l’Ocimum basilicum, etc. erano già conosciuti ed abitualmente usati in questo periodo.
I Romani davano una grande importanza al Basilico.
Un vecchio alambicco in terracotta datato dell’epoca romana è stato ritrovato qualche anno fa in Italia. Essi hanno introdotto la conoscenza delle proprietà terapeutiche degli oli, trasmesse ed affinate già ai tempi di Dioscoride. Tre secoli dopo Ippocrate l’amico intimo di Cicerone, Asclepiade, era già sicuramente molto vicino all’attuale concetto anglosassone dell’aromaterapia, poiché utilizzava il massaggio aromatico, associato alla musica, ai bagni ed al vino.
I Greci ed i Romani erano dei grandi consumatori di unguenti e di profumi.
Credevano nelle virtù dei bagni aromatici per rinvigorire la sfera sessuale e temporizzare gli effetti dell’alcool.
Gli Arabi hanno apportato dei notevoli miglioramenti nei campi della chimica e della distillazione. Hanno prodotto numerosi profumi, specialmente nella zona di Damasco.
Benché l’interesse per gli oli essenziali fosse assai scarso in quell’epoca, possiamo considerare gli Arabi i primi veri fondatori dell’aromaterapia. I Musulmani hanno ripreso l’impiego delle piante in terapeutica dopo aver perfezionato le tecniche di distillazione.
Il notevole uso delle spezie e degli estratti aromatici fatto dall’Occidente già dal Medioevo giocò senza dubbio un ruolo fondamentale durante le Crociate, nel corso delle quali i militari stessi impararono l’arte della distillazione. L’arte dell’alchimia legata alla distillazione era, infatti, molto praticata presso i Musulmani. Studi molto più approfonditi sulle piante aromatiche sono stati portati avanti da medici alchimisti, che hanno potuto approfondire liberamente le loro conoscenze in merito a tale materia, rapportandosi ai medici dell’Antichità.
Il nome “aromateri” è stato attribuito ai farmacisti verso il XV° secolo e spiega bene quale sia stato il posto occupato in quel periodo dalle piante aromatiche e dai loro estratti in medicina.

Verso la fine del XVI° secolo e gli inizi del XVII° più di cento tipi di oli essenziali erano utilizzati per trattare problemi specifici, basandosi sulla conoscenza trasmessa dagli anziani medici.
Con Luigi XIV° gli oli essenziali erano usati soprattutto come profumi, per mascherare l’odore naturale della persona. E’ sempre in quel periodo che sorgono le prime acque floreali, centinaia delle quali sono ancora in uso ai giorni nostri.
Ricordiamo che l’Acqua di Melissa dei Carmini nasce verso il 1600.
Ormai la storia dei quattro ladri, che crearono un aceto aromatico da cospargere sui corpi dei loro sfortunati concittadini colpiti dalla peste per derubarli in totale immunità, è assai conosciuta da poter essere di nuovo raccontata in questa sede.
Dobbiamo pertanto ricordare che l’aceto usato da quei malfattori conteneva, tra l’altro, Eugenia caryophyllus, Cinnamomum verum, Lavandula latifolia, Menta x piperita, etc., ed è rimasto iscritto sul Codice Farmaceutico fino agli inizi del XX° secolo.

Il sopravvento della civiltà industriale celò parzialmente l’impiego terapeutico degli
oli essenziali.

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